“Ho presentato in V Commissione una proposta di Legge tesa a regolamentare le procedure e i tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza n. 242/2019 della Corte Costituzionale”. A scriverlo in una nota il consigliere regionale Luigi Abbate.
“Questa proposta di legge regionale si pone l’obiettivo di definire il rispetto e la diretta applicazione relativamente ai ruoli, procedure e tempi del Servizio Sanitario Nazionale/regionale di verifica delle condizioni e delle modalità di accesso alla morte medicalmente assistita, affinché l’aiuto al suicidio non costituisca reato, così come delineato dalla Sentenza della Corte Costituzionale Antoniani/Cappato, numero 242/2019.
I Giudici della Corte Costituzionale hanno individuato una circoscritta area in cui l’incriminazione per aiuto al suicidio ex art. 580 c.p non è conforme a Costituzione. Si tratta dei casi nei quali l’aiuto è fornito ad una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegni vitali e sia affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, ma che resta pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli.
In base alla legge sulle disposizioni anticipate di trattamento (legge 22 dicembre 2017,n.219 sulle DAT), il paziente in tali condizioni può già decidere di lasciarsi morire chiedendo l’interruzione dei trattamenti di sostegno vitale e la sottoposizione a sedazione profonda continua, che lo pone in stato di incoscienza fino al momento della morte. Decisione che il medico è tenuto a rispettare.
La legislazione oggi in vigore non consente, invece, al medico di mettere a disposizione del paziente che versa nelle condizioni sopra descritte trattamenti diretti, non già ad eliminare le sue sofferenze, ma a determinarne la morte. Pertanto, il paziente, per congedarsi dalla vita, è costretto a subire un processo più lento e più carico di sofferenze per le persone che gli sono care.
La conclusione è dunque che entro lo specifico ambito considerato, il divieto assoluto di aiuto al suicidio finisce per limitare ingiustificatamente nonché irragionevolmente la libertà di autodeterminazione del malato nella scelta delle terapie, comprese quelle finalizzate a liberarlo dalle sofferenze.
Nell’ambito delle competenze delle Regioni, dunque questa proposta di legge mira a definire i ruoli, i tempi e le procedure delineate dalla Corte costituzionale attraverso una sentenza immediatamente esecutiva, ferma restando l’esigenza di una legge nazionale che abbatta le discriminazioni tra malati oggi in atto. In relazione alle competenze regionali in materia, occorre richiamare innanzitutto la Costituzione che, nel Titolo V della Parte seconda, reca distinte disposizioni concernenti la sanità pubblica:
Se dunque è di competenza statale la determinazione delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, e dunque l’individuazione dei diritti come quello ad accedere alla verifica delle condizioni per il suicidio assistito sancito dalla Corte costituzionale a livello nazionale, le Regioni hanno la competenza concorrente a tutelare la salute dei cittadini e quindi, sulla base dei livelli minimi individuati sul piano nazionale, possono intervenire, anche in una logica di cedevolezza invertita, a disciplinare procedure e tempi di applicazione dei diritti già individuati.
A termine della mia relazione su un tema così delicato e dall’alto valore etico, la V Commissione Regionale Sanità e Sicurezza Sociale, presieduta da Vincenzo Alaia ha deciso di costituire un tavolo tecnico per procedere ad un approfondimento tecnico giuridico della materia. Parafrasando, infine, le parole del poeta latino Seneca, espresse 2000 anni fa, ogni uomo deve avere il diritto di scegliere la propria morte come un sollievo e un atto di la libertà”.